Cmc Ravenna, dalla procura chiesto il fallimento. La cooperativa avvia piano di credito

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La procura di Ravenna ha chiesto la liquidazione giudiziaria (fallimento) per la Cmc  – Cooperativa Muratori e Cementisti, storico gruppo delle costruzioni fondata nel 1901 a Ravenna ma con commesse in tutto il mondo. La richiesta arriva per le lacune individuate nel pagamento dei creditori come fissato nel concordato preventivo omologato dal tribunale di Ravenna il 29 maggio 2020. La notizia si legge su Il Resto del Carlino e Corriere Romagna. La cooperativa ha già avviato le contromosse per cercare di tamponare la richiesta: in prima battuta ha depositato domanda per avviare una procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (la data è quella del 24 giugno), in secondo luogo ha fatto ricorso al tribunale per vedersi confermate le misure protettive (28 giugno). Provvedimenti che impediscono ai creditori di compiere in questo momento azioni a discapito dell’azienda.

Per quanto riguarda la prima mossa, la società ha coinvolto la camera di commercio di Ravenna e Ferrara per la nomina di un esperto indipendente “che agevoli le trattative con i creditori”, individuato nella commercialista milanese Stefania Chiaruttini, che entro ottobre spiegherà se si può agire o meno. Sul secondo aspetto bisognerà aspettare la pronuncia del tribunale , si è in attesa che il tribunale si pronunci.

Il capitale sociale di Cmc ammonta a più di 5 milioni e 273 mila euro, stando a quanto riportato nel documento degli avvocati della cooperativa  – da 98 soci cooperatori e da un socio sovventore. La società avrebbe migliaia di creditori sparsi nel mondo: dati che non rivelano nulla sui motivi che hanno portato la Cmc prima verso un concordato, chiesto nel 2018, e poi ad essere al centro di una richiesta di fallimento. Uno “stato di tensione economico-finanziaria – affermano dalla società – riconducibile principalmente a una serie di eventi di natura esogena, cioè non dipendenti dalla cooperativa”. Da una parte la crisi dovuta al Covid1 nel 2020, con conseguente sospensione dei lavori per diversi mesi e ritardi nell’acquisizione di nuove commesse. Poi c’è anche l’inflazione nel momento della ripresa dei lavori, nel 2021-2023 e infine anche l’aumento “imprevedibile” del costo delle materie prime.

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